Quando il 13 giugno furono approvate le linee guida per le Asl, i sindacati di categoria proclamarono lo sciopero generale e unitario della sanità sarda per oggi 6 luglio. Lo sciopero è “per i lavoratori e per i territori, contro i tagli e le riduzioni dei servizi sul territorio in una riforma sbagliata e pericolosa”, fanno sapere la Funzione pubblica di Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl. La manifestazione, riferisce all’ANSA il segretario di Fp Cgil Nino Cois, è in programma a Cagliari, in via Roma, a partire dalle 10.
Per essere vicino a tutti i lavoratori del settore sanità abbiamo deciso di supportarli e dare visibilità alla manifestazione, nonché alla loro battaglia. Abbiamo intervistato diversi difensori dei diritti dei lavoratori del settore sanità, oggi iniziamo con Gessica Ibba, studentessa dell’Università di Cagliari, corso in Scienze Infermieristiche. Si occupa della gestione della pagina Facebook “La sanità scende in piazza”, con lo scopo di far circolare le informazioni riguardo eventuali manifestazione in difesa della sanità sarda.
Perché nasce questo sciopero?
Questo sciopero nasce per difendere la rete ospedaliera sarda dagli orientamenti della Regione: stanno infatti portando avanti una riforma che non garantisce minori costi per la sanità e maggiore qualità dell’offerta, ma piuttosto stenderà le basi per un impoverimento dei servizi, soprattutto delle zone più rurali.
In cosa consiste l’approvazione delle linee guida della Asl?
Attraverso l’atto aziendale, l’Azienda per la Tutela della Salute (ATS) potrà mettere in atto un modello di organizzazione dell’azienda sanitaria adattato al piano sanitario regionale, che però non tiene conto delle peculiarità della Sardegna. Con la razionalizzazione delle risorse verranno chiusi o declassati importanti ospedali e questo, specialmente nelle zone più rurali, comporta un peggioramento delle prospettive per il futuro con conseguente spopolamento. Anziché esserci un miglioramento del coordinamento e messa in rete dei servizi e degli interventi, si stanno mettendo in atto dei tagli ai servizi, che andranno a discapito di tutti. In particolar modo ne soffriranno quelle zone della Sardegna che già non godono di una buona situazione sia dal punto di vista delle infrastrutture e dei trasporti per fare alcuni esempi.
Cosa cambia quindi nello scenario della sanità sarda?
La sanità della Sardegna rischia di non essere davvero tutelata ma piuttosto minacciata dall’ennesima presa di chi non lotta per l’ottenimento di beni e servizi ma che invece sacrifica la salute dei cittadini in nome di interessi puramente economici. Non bisogna sottovalutare che questa riforma oltre ai rischi di impoverimento territoriale e le spese a carico delle famiglie, sostiene la disuguaglianza sempre più crescente di accesso tra i servizi pubblici e privati.
Perché hai deciso di studiare Scienze Infermieristiche e cosa ti stimola di più di questa professione?
La mia scelta di diventare infermiera nasce dal desiderio di partecipare a modo mio alla costruzione di un sistema realmente al servizio delle persone. Penso che questa professione sia stimolante da tutti i punti di vista: sia da quello prettamente scientifico che dal lato umano. È una professione che richiede un investimento personale di tutte le risorse di cui si dispone e che permette la crescita interiore data da un lavoro costante su se stessi.
Come vedi il settore sanità e nello specifico quello degli infermieri in Sardegna?
Da studentessa credo che sia nostro dovere avere la consapevolezza di ciò che accade nella politica, in modo da poter prender parte attivamente alla realizzazione di un servizio che metta al centro il rispetto della persona, piuttosto che avere come obiettivo quello di “fare cassa”. Un’efficace modo di debellare gli sprechi della sanità sarebbe quello di eliminare i privilegi concessi ai pochi e creare guadagno attraverso l’investimento sul lavoro. Il lavoro dovrebbe essere tutelato, garantendo le condizioni ottimali per lavorare in sicurezza, con la giusta retribuzione e un numero adatto di personale.