Photo: Andrea Etrudis
Le tradizioni popolari sono ancora oggi profondamente radicate nella nostra cultura sarda, multiformi e multicolori esprimono la nostra forte identità. Fatte di processioni, tornei dalle atmosfere medievali, acrobazie spericolate a cavallo e carnevali antichi, questi sono alcuni dei riti che da secoli si ripetono. Naturalmente non mancano poi sagre dedicate alle migliori specialità enogastronomiche locali. Le nostre feste e tradizioni non sono formate solo da riti cristiani, tante si rifanno ai riti pagani. Il calendario sardo è decisamente ricco di appuntamenti. Il lungo dominio spagnolo ha influenzato le nostre celebrazioni, come è evidente in tante feste delle nostre città. Tra le manifestazioni più interessanti della tradizione sarda ci sono quelle costituite dalle leggende, antiche e recenti, che avvolgono di magia la nostra antichissima isola.
Oggi concentreremo su una delle feste più caratteristiche del Carnevale sardo, parliamo del Carnevale di Mamoiada. La manifestazione è avvolta nel mistero, cercando sulla rete si possono scoprire diverse interpretazioni della sua nascita. Abbiamo chiesto a Lorenzo Dessolis, studente e legato all’antica tradizione di Mamoiada
Cosa significa essere legati alla propria tradizione?
Mi presento, sono Lorenzo, vengo da Mamoiada, vivo a Cagliari da 5 anni e sto facendo l’ultimo anno della magistrale in economia manageriale. Pur vivendo qui comunque, cerco di non perdermi assolutamente nulla di quello che accade nel mio paese, tanto da rientrare praticamente ad ogni festa, salvo in qualche rara occasione in cui avendo esami ho dovuto rinunciare e stare qui a Cagliari.
A Mamoiada fare il mamuthone non è un hobby, la maggior parte dei ragazzi iniziano da piccoli, molto piccoli, diciamo 5/6 anni. Io invece ho iniziato a circa 11 anni, e all’epoca facevo l’Issohadore. I Mamuthones e gli Issohadores (Issoccadores, ma nel nostro sardo la C non la pronunciamo), che seppur siano completamente diversi, in realtà sono complementari e in ciascuna sfilata non devono mancare né gli uni né gli altri. Continuando a parlare di me, ho interrotto per qualche anno, e ho ripreso, nello stesso gruppo in cui sfilavo da piccolo, (ci sono due gruppi, l’associazione Atzeni, di cui faccio parte io e quello della Pro-loco) solo qualche anno fa sotto la veste di mamuthone.
La tradizione è parte della nostra storia e del nostro destino
Come dicevo, non è un hobby, potrei definirlo più che altro un destino, che tutti noi mamoiadini ci sentiamo dentro, perché lo facevano i nostri padri, e i loro padri e così via, risalendo nei secoli senza sapere da quando realmente esistono. Per questo sentiamo il dovere ed abbiamo il compito di portare avanti questa tradizione. Ciò che ci differenzia da tutte le nuove maschere “riesumate”, è appunto il fatto che i Mamuthones e Issohadores esistano da sempre ininterrottamente, da prima che avere una maschera tradizionale diventasse un business. Solo altre 2 maschere sarde possono vantare questo: i Boes e Merdules di Ottana, e i Thurpos di Orotelli.
Con alcune altre è palese che siano state riesumate forzando ciò che non si ricorda più, talvolta “prendendo spunto” dalle maschere sarde autentiche. Ma questo è un discorso lungo che non è il caso di approfondire, è comunque giusto saperlo. Originariamente i mamuthones sfilavano 2 volte all’anno, il 17 gennaio, in occasione della festa di sant’Antonio, patrono di Mamoiada, che viene definita “sa prima essida” in quanto è la prima uscita dell’anno per i mamuthones. La seconda invece è per carnevale.
L’importanza di portare avanti la propria tradizione>
Attualmente le sfilate non sono più solo due, tra quelle a Mamoiada e quelle per partecipare a diversi eventi e rassegne fuori, si sfila all’incirca 15/20 volte l’anno (ciascun gruppo), e molte richieste vengono anche rifiutate, perché comunque si cerca di non snaturare troppo ciò che rappresentiamo. Anche a causa delle partenze fuori da Mamoiada, non solo nostre, ma di tutte le miriadi di maschere presenti, c’è un po’ di confusione sulle maschere, e diventa molto difficile distinguere tra ciò che è tradizione e ciò che è speculazione. Anche i giovani di oggi, specialmente quelli più lontani dalla cultura delle maschere, principalmente chi vive nella zona di Cagliari e di Sassari, spesso associa il nome mamuthone a qualunque maschera con una pelliccia. Il nostro dovere, come mamoiadini, è prima di tutto quello di portare avanti la tradizione, così come ci è stata tramandata, a volte anche apparendo scortesi e chiusi per cercare di salvaguardare qualcosa che non ha nulla a che vedere con il mondo moderno e che potrebbe facilmente venire sopraffatta dalla tecnologia, gli stili di vita e i modi di pensare di oggi.
In secondo luogo, abbiamo il compito di continuare a mostrare al mondo il grande patrimonio di cui siamo eredi. Quello che rappresenta per me, il travestimento da mamuthone lo si può paragonare a quello che può provare una figlia che con orgoglio prova il vestito da sposa della madre, o della nonna. Mi sento addosso la storia, il peso di migliaia di persone che hanno fatto questo prima di me, e lo spirito di tante altre che lo faranno dopo di me. La tradizione resiste al passare del tempo, ma affinché ciò avvenga sono le persone che hanno il compito di tramandarla, di certo non verrà qualcuno da fuori a farlo al posto nostro, ecco perché i giovani di oggi devono da un lato seguire l’’inesorabile progredire del mondo, ma da un altro svincolarsi, resistere e portare avanti con fierezza la propria storia.